mercoledì 10 luglio 2013

METODI MISTI

Buona sera a tutti, vi scrivo dalla mia stanzina di lavoro vicino la finestra sperando di riuscire a perrcepire un minimo di aria perché questa sera fa caldissimo. Oggi affronteremo i metodi di educazione misti.
Da molti operatori del settore i segni cominciano ad essere considerati un ausilio da utilizzare durante la terapia di educazione al linguaggio orale, oltre che durante l'iter scolastico.
nel metodo logopedico misto o bimodale si utilizza l'italiano segnato (IS): la parola vocale è accompagnata dal segno corrispondente, pur lasciando inalterata la struttura della  lingua verbale. "Bimodale" significa doppia modalità e infatti nella metodologia bimodale vengono utilizzate la modalità acustico-verbale, poiché si parla, e la modalità visivo-gestuale, perché si segna, ma un'unica lingua: l' italiano.
oltre l'italiano segnato, nel metodo bimodale si può far uso dell'italiano segnato esatto (ISE): si utilizzano cioè, per tutte quelle parti del discorso a cui non corrispondono dei segni ( articoli, preposizioni, plurale, dei nomi) gli evidenziatori, cioè dei segni artificiali, e la dattilologia ( l'alfabeto manuale).
l'obiettivo del metodo bimodale, comune a metodologie più "tradizionali", è la migliore competenza possibile del bambino sordo nella limgua parlata e scritta.
In pratica, quando si parla con il bambino sordo, si da un supporto gestuale a tutto quello che viene detto. I segni divengono così una sorta di "stampelle" che il bambino usa quando non è ancora abbastanza padrone del linguaggio verbale, per poter rispettare le stesse tappe evolutive del bambino udente.
Per quanto riguarda la scelta dei contenuti, che si cerca di trasmettere al bambino nel corso nella terapia si tiene conto, seguendo le più aggiornate ricerche sull'acquisizione e sullo sviluppo del linguaggio nel bambino udente, di tutti gli aspetti del linguaggio ( fonologico, semantico, pragmatico) e dei suoi diversi contesti: parlato e scritto. Viene dato inoltre priorità alla comprensione del linguaggio rispetto alla produzione.


http://www.ens.it/documenti/conoscere_sordità/comunicazione/metodi.htm

venerdì 5 luglio 2013

Il metodo verbo-tonale

Nel metodo orale trova la sua collocazione il metodo verbo-tonale e quello dei ritmi musicali che da esso ha origine e che ritiene la percezione acustica come principale elemento di comprensione e di acquisizione del linguaggio e afferma che "il bambino sordo può parlare,perchè può sentire",tanto che nella accezione ortodossa questo metodo esclude perfino un allenamento specifico alla lettura labiale.
Partendo dalla considerazione, riferibile alle teorie della Gestalt, che il messaggio verbale contenga delle informazioni ridondanti,delle quali sono alcune sono essenziali, ipotizza che il cervello umano imparerebbe a percepire e a strutturare solo gli stimoli ottimali.
Secondo tale ipotesi,tutto il corpo è predisposto a ricevere e a trasmettere messaggi,in base ad una recettività che può essere affinata anche nei bambini sordi. Vengono pertanto offerti al soggetto sordo in maniera graduale dei modelli "ottimali", in cui "sono sottolineate le caratteristiche più importanti per la percezione acustica" (Beronesi 1985).
I parametri strutturali del metodo verbo tonale sono:

  • il tempo
  • la frequenza
  • l'intensità
  • la tensione
  • la pausa
il corpo fa da trasmettitore e ricevitore.
Per facilitare l'acquisizione di un ritmo fonetico gli esercizi, proposti in modo graduale, vertono su alcuni aspetti del linguaggio, quali :
  • la voce 
  • l'intonazione
  • il ritmo
  • i fonemi
L'obiettivo finale è quello di fare in modo che il bambino apprenda le strutture ritmiche di base per trasferirle nelle stesse forme ritmiche presenti nel linguaggio orale.

http://www.cdila.it

venerdì 21 giugno 2013

SCELTA DEL METODO: il metodo Oralista

Buon inizio estate a tutti, tra una scossa di terremoto e un'altra continuo questo blog. Oggi vi voglio informare sul metodo riabilitativo orale, spiegando i caratteri generali di questo metodo.
La scelta oralista ha dominato in modo quasi assoluto, dal Congresso di Milano del 1880, il panorama italiano sull'educazione linguistica dei sordi. Solo da circa vent'anni, a partire dalle prime ricerche sulla Lingua Italiana dei segni(LIS) portate avanti  dal gruppo di lavoro della dott.ssa Virginia Volterra (Istituto di Psicologia del Cnr), si è incominciato anche in Italia a parlare di altri metodi in logopedia. Nell'educazione al linguaggio del bambino sordo oggi è dunque possibile scegliere tra vari percorsi riabilitativi.
Tutti i metodi oralisti condividono l'esclusione, nell'educazione al linguaggio parlato e scritto, di qualsiasi uso dei segni. Essi puntano da una parte  sull'allenamento acustico, per aiutare il sordo ad utilizzare al massimo i suoi residui uditivi, dall'altra sul potenziamento della lettura labiale su cui si basa la comunicazione.
Un'altra caratteristica dei metodi oralisti è il privilegiare nell'educazione alla lingua parlata e scritta l'aspetto della produzione piuttosto che quello della comprensione, che è invece preponderante soprattutto nelle prime fasi dell'acquisizione spontanea del linguaggio nel bambino udente.
Tra i massimi esponenti dell'oralismo italiano si trovano Massimo Del Bo e Adriana Cippone De Filippis, che nel loro libro "La sordità infantile grave" focalizzano l'intervento logopedico in alcuni punti essenziali, quali :

  • La diagnosi precoce
  • l'esatta valutazione del deficit
  • l'immediata protesizzazione
  • la collaborazione della famiglia nell'intervento logopedico
  • l'integrazione nelle scuole normali
Tutti questi aspetti della metodologia oralista sono comuni anche ai metodi misti , cioè a quei metodi che utilizzano i segni nella terapia e che hanno anch'essi come obiettivo l'insegnamento della lingua vocale al bambino sordo. La grande differenza tra i due metodi non risiede solo nell'uso segni, ma anche nell'approccio verso la famiglia e nella scelta di quali ambiti del linguaggio privilegiare (comprensione vs produzione) I genitori hanno sempre un ruolo fondamentale nell'educazione al linguaggio del bambino sordo, ma nel caso dei metodi oralisti questo compito viene affidato in modo eccessivo alla famiglia e soprattutto alla madre, il cui coinvolgimento può portare ad una confusione dei ruoli (madre e  insegnante-logopedista) con pesanti conseguenze psicologiche.

lunedì 17 giugno 2013

Educazione : La scelta del metodo

Buongiorno a tutti, scusatemi se in questi non mi sono fatta sentire, ma ho avuto dei piccoli problemi; ad ogni modo ora eccomi di nuovo qui con voi. L argomento di oggi è la scelta del metodo orale.
La scelta tra metodo orale e segnico ha creato controversie e diatribe sin dal 1700 ed è continuata per tutto il secolo successivo. In Italia la decisione presa dal Congresso Internazionale di Milano, svoltosi nel 1880, ha determinato le attività scolastiche future, preferendo il metodo orale. Oggi si cerca un punto di incontro tra le due metodologie e si parla di bilinguismo. Un'acquisizione precoce della lingua dei segni, offre al sordo la possibilità di crearsi una competenza linguistica in maniera naturale e spontanea. D'altra parte , lo sfruttamento del residuo uditivo, l'apprendimento della lingua vocale e una buona lettura labiale, sono indispensabili per facilitare alla persona sorda gli scambi con la società udente e garantire una reale integrazione. L'acquisizione dei segni può diventare uno strumento importante per un apprendimento più corretto e funzionale della lingua parlata e scritta, per una sua migliore comprensione e produzione. La conoscenza e l'uso di una lingua, può avere una ricaduta positiva nell'altra, mentre conoscerne una sola delle due non è sufficiente.
(L.Trisciuzzi,M.Galanti,2001)

venerdì 7 giugno 2013

La magia della LIS

Buona sera e tutti, oggi stavo stavo cercando qualche articolo interessante sulla L.I.S. e ho trovato qualcosa di interessante su una rivista del "parole & segni" del 2003. Vi riporto l'articolo.
In classe si "parla"con i segni e l'handicap di Mario Sparisce
I ragazzi del Kandinsky imparano il linguaggio dei sordomuti.
Alle 11 della mattina i ragazzi lasciano banchi, libri, penne. Dimenticano per un'ora la voce e scoprono che si può comunicare in un altro modo. Con le mani, con gli occhi, in silenzio. Una lezione speciale all'istituto professionale Kandinsky dove si impara il linguaggio dei segni, e tutti sono uguali. Dove l'handicap sparisce, dove Mario quel quindicenne sordomuto che fino all'anno scorso era chiuso nel suo mondo, riesce a coinvolgere la classe, gli insegnanti e tutta una scuola in un progetto che, a detta di molti, era pura follia.
Il progetto del corso di L.I.S. è nato dall'educatrice di Mario, racconta l'energica preside che da Settembre è a capo dell'istituto e che ha deciso che "quì si cambia" per migliorare il rapporto tra i ragazzi. Detto, fatto. E in pochi mesi Mario, che lo scorso anno aveva problemi comportamentali e non riusciva a seguire le lezioni, a recuperato e adesso studia lo stesso programma dei compagni anche se un pò semplificato, spiega l'insegnante di italiano. anche l'insegnante di sostegno di Mario e qualche altro docente hanno deciso di seguire il corso di L.I.
S. Tutti a lezione, dunque. Si parte "io mi chiamo ...." , e una, due dita sfiorano veloce la bocca. "Io sono uno studente" e si stringe il pugno come a voler cogliere l'insegnamento. i ragazzi guardano rapiti gli agili movimenti dell'insegnante e di Mario, cercano da lui suggerimenti, gli sorridono, perchè finalmente lo capiscono.L'ora corre in fretta Mario impugna le matite e per ogni colore mostra un segno. Alla fine tutti spostano la matite dal mento verso l'esterno, il "grazie" di chi non conosce la parola. Quindi si torna a lezione, quelle tradizionali. Ma Mario continua il suo percorso di formazione con i compagni. La Preside controlla i corridoi, da un'occhiata al cortile, sospira pensando che dovrà far pulire i graffiti sul balcone del palazzone a fianco, ma guarda con orgoglio i murales dei suoi studenti! "quelli sul muro della scuola li ho autorizzati io. Sono belli e tengono i ragazzi lontano dai guai.

sabato 1 giugno 2013

L'handicap che non si vede

Buon sabato pomeriggio a tutti, ne approfitto di questo tempo uggioso in questa primavera atipica per scrivere un post che ritengo molto interessante.
L'handicap causato dalla sordità risulta "nascosto", invisibile ad uno sguardo superficiale e difficile, inoltre, da mettere a fuoco in tutti i suoi aspetti.
La sordità non "si vede": è riconoscibile solo al momento di comunicare. così le persone sorde non sempre ricevono da parte degli udenti tutte quelle attenzioni e quella disponibilità necessarie.
A scuola i coetanei udenti del ragazzo sordo spesso giudicano male alcuni suoi atteggiamenti di chiusura o irritabilità, senza tener conto che non è la sordità di per se a rendere i sordi diffidenti, aggressivi, irritabili e polemici, quanto lo scontro quotidiano con le barriere che impediscono la comunicazione. L'impossibilità di instaurare con gli altri una relazione significativa espone dunque la persona sorda a una seri di frustrazioni, spesso all'origine di atteggiamenti aggressivi che sono, in effetti, più frequenti nei sordi che negli udenti. Ma, anche qui non bisogna lasciarsi ingannare dalle apparenze. I comportamenti aggressivi sono infatti, risposte comuni sia i sordi che agli udenti:questi ultimi però possiedono una padronanza linguistica che consente loro di convogliare l' emotività in parola, spesso dure e taglienti, e di difendersi attraverso l'ironia e il sarcasmo.
I sordi, invece, per la difficoltà di servizi del linguaggio verbale sopratutto nelle situazioni di maggior coinvolgimento emotivo, ricorrono spesso al linguaggio del corpo, un linguaggio di azione in cui scaricano direttamente le frustrazioni. Questo tipo di comportamento viene però giudicato eccessivo e sanzionato con maggior rigore rispetto a quello degli udenti. Un' altra conseguenza della sordità come "handicap nascosto" è il distacco che spesso gli udenti manifestano quando hanno a che fare con le persone sorde. tra le ragioni di questo comportamento c'è forse anche il senso di impotenza provato dall'udente di fronte alle difficoltà di comunicazione con la persona sorda, impotenza che provoca una reazione di graduale indifferenza emotiva. questo può avvenire anche se gli udenti sono i genitori di un bambino sordo. infatti i genitori che adottano il linguaggio verbale come unica modalità di comunicazione con il proprio foglio sordo rischiano di sperimentare dopo i primi anni di vita del bambino, un senso di profonda frustrazione per questo rapporto incompleto.
http://www.ens.it//documenti/conoscere_sordità/comunicazione/pregiudizi.htm


mercoledì 29 maggio 2013

Sordomuto? Ma la persona sorda è anche muta?

Le difficoltà di comunicazione con una persona sorda derivano spesso da una serie di pregiudizi sulla sordità ancora molto diffusi, anche tra gli addetti ai lavori. Si pensa, ad esempio, che i sordi siano muti, come dimostra l'uso stesso del termine sordomuto.
Ma l'apparato vocale dei sordi è integro e il bambino sordo, anche mancando di una verifica da parte
dell'udito, può imparare, nel corso della logopedia, a regolare l'emissione dei suoni.
Inoltre, secondo un approccio che considera la sordità solo da un punto di vista clinico e riabilitativo, il sordo non rieducato al linguaggio verbale è "muto".
Al contrario, i una prospettiva socio culturale, ogni "muto" diventa"parlante" non solo se si impadronisce della parola parlata, ma quando riesce a far propri gli strumenti della comunicazione, qualunque sia la modalità di linguaggio adottata. E' dunque la facoltà di linguaggio, e non la sua modalità, che consente di costruire la comunicazione e di uscire dal mutismo. E' nei sordi la facoltà linguistica è intatta.
Un altro pregiudizio consiste nel ritenere che i sordi abbiano un ritardo mentale complessivo. Ma il loro è un deficit sensoriale e non cognitivo. La sordità di per sé non comporta, cioè, disfunzioni a livello cerebrale e psichico. I problemi del bambino sordo riguardano piuttosto, come sappiamo, l'acquisizione della lingua verbale, perché questa viaggia sulla modalità acustica che in lui è deficitaria. E' la famiglia, la scuola, le strutture di competenza, che spesso non sono preparate, non sanno o non possono esserlo, per una comunicazione che sfrutti le capacità integre del sordo, tra cui la vista.
Così il bambino sordo resta spesso escluso, negli anni più importanti per l'acquisizione del linguaggio, dalla comunicazione linguistica verbale che gli adulti usano con lui e fra di loro, esclusione che causa problemi nello sviluppo della lingua parlata in termini di tempi  (e quindi di ritardi) e di modi (e quindi di usi non corretti della lingua). Problemi da cui possono derivare complicazioni a livello cognitivo e psicologico, che si possono però prevenire con una diagnosi e una protesizzazione precoce, una adeguata educazione al linguaggio e un valido iter scolastico, oltre naturalmente ad un ambiente familiare favorevole.

http://www.ens.it//documenti/conoscere_sordità/comunicazione/pregiudizi.htm

martedì 21 maggio 2013

L' interpretariato

Buon giorno a tutti con questo post voglio parlare dell importanza dell'interpretariato.
Quest'ultimo è ritenuto importante per l'inserimento nella società delle persone sorde.

  • La comunicazione visivo-gestuale in passato era considerata in modo negativo, oggi è considerata una vera lingua.
  • Le persone sorde hanno sempre sentito la necessità di inserirsi nella società.
  • Si rende necessario l'intervento dell'interprete. La comunità europea ha ufficializzato la lingua dei segni e così viene retribuito. Nel 1988 il Parlamento Europeo riconosce la lingua dei segni come una vera lingua.
  • Per trasmettere il concetto di quello che si vuole tradurre si deve avere conoscenza adeguata del soggetto.
Ruolo e responsabilità dell'interprete
La bravura di un interprete si vede dalla sua capacità di non alterare ciò che traduce.Come il telefono trasmette un messaggio senza alterarlo, così l'interprete fa da tramite senza alterare il senso di quello che viene detto. Un buon interprete enfatizzerà i sentimenti con l'espressione facciale.
Nell'interpretariato esiste un codice etico composto da una serie di regole:

  1. Mantenere il segreto professionale 
  2. L'imparzialità
  3. Fedeltà del messaggio
  4. La discrezione
  5. Distanza professionale
Comportamento e vestiario
E' consigliabile che un'interprete indossi abiti scuri evitando tutto ciò che può stancare la vista della persona sorda ( es. maglie a righe, orecchini , bracciali o anelli vistosi ) .

domenica 19 maggio 2013

Comunicare con i sordi: capire e farsi capire

Alcune regole da tenere a mente
  1.  Per consentire alla persona sorda una buona letture labiale la distanza ottimale nella conversazione non deve mai superare il metro e mezzo.
  2. La fonte luminosa deve illuminare il viso di chi parla e non quello della persona sorda: bisogna parlare con il viso rivolto alla luce.
  3. Chi parla deve tenere ferma la testa.
  4. Il viso di chi parla deve essere al livello degli occhi della persona sorda.
  5. Occorre parlare distintamente, ma senza esagerare. Non bisogna in alcun modo storpiare la pronuncia. La lettura labiale infatti si basa sulla pronuncia corretta.
  6. Si può parlare con un tono normale di voce, non occorre gridare. La velocità del discorso inoltre inoltre deve essere moderata: né troppo in fretta, ne troppo adagio.
  7. Usare possibilmente frasi corte, semplici ma complete. Non occorre parlare in modo infantile. Mettere in risalto la parola principale della frase. Usare espressioni del viso in relazione al tema del discorso.
  8. non tutti i suoni della lingua sono visibili sulle labbra: fare in modo che la persona sorda possa vedere tutto ciò che è visibile sulle labbra.
  9. Quando si usano nomi di persona, località o termini inconsueti, la lettura labiale è molto difficile. Se la persona sorda non riesce a recepire il messaggio, anziché spazientirsi, si può scrivere la parola a stampatello oppure usare la dattilologia ( l'alfabeto manuale)
  10. Anche se la persona sorda porta le protesi acustiche, non sempre riesce a percepire perfettamente il parlato. Occorre dunque comportarsi seguendo queste regole di comunicazione.
  11.  Per la persona sorda è sempre difficile seguire una conversazione di gruppo o una conferenza senza interprete. Occorre quindi aiutarlo a capire almeno gli argomenti principali attraverso la lettura labiale, trasmettendo parole e frasi semplici e accompagnandole con gesti naturali.
cit. http://.www.ens.it/documenti/conoscere_sordità/comunicazione/comunicare.htm

giovedì 16 maggio 2013

CURIOSITA': Come fanno le persone sorde a.... sapere quando il bambino piange o il telefono sta squillando?

 

Buon pomeriggio a tutti, con questo post vi parlerò  di come le persone sorde affrontano i momenti di vita quotidiana. Come fanno a sapere che c'è qualcuno alla porta, o che sta suonando l'allarme? Per tutti questi suoni ci sono dei dispositivi lampeggianti. Per esempio se il bambino piange una luce inizia a lampeggiare così la mamma deve andare a controllare cos'ha il piccolo. Un allarme suona anche se qualcuno suona alla porta,per evitare confusione ogni suono lampeggia ad un ritmo differente in modo che la persona sorda sappia subito di cosa si tratta.

..... svegliarsi la mattina? 

Per le persone sorde che non si svegliano spontaneamente, ci sono delle sveglie speciali collegate a una luce lampeggiante o ad un vibratore posto sotto al cuscino.

.....capire la televisione? 

Dal 1986 la RAI, attraverso un sistema chiamato televideo provvede a sottotitolare alcuni film ed alcuni programmi il cui audio viene trasformato in testo scritto ed accompagna tutto il programma. Questo servizio necessita di un apparecchio predisposto per la ricezione di "televideo" e si ottiene premendo sul telecomando le pag. 777 e 778. La RAI ed alcune televisioni private trasmettono più volte al giorno un telegiornale, generalmente di breve durata, con un interprete che traduce in simultanea le notizie LIS.