venerdì 21 giugno 2013

SCELTA DEL METODO: il metodo Oralista

Buon inizio estate a tutti, tra una scossa di terremoto e un'altra continuo questo blog. Oggi vi voglio informare sul metodo riabilitativo orale, spiegando i caratteri generali di questo metodo.
La scelta oralista ha dominato in modo quasi assoluto, dal Congresso di Milano del 1880, il panorama italiano sull'educazione linguistica dei sordi. Solo da circa vent'anni, a partire dalle prime ricerche sulla Lingua Italiana dei segni(LIS) portate avanti  dal gruppo di lavoro della dott.ssa Virginia Volterra (Istituto di Psicologia del Cnr), si è incominciato anche in Italia a parlare di altri metodi in logopedia. Nell'educazione al linguaggio del bambino sordo oggi è dunque possibile scegliere tra vari percorsi riabilitativi.
Tutti i metodi oralisti condividono l'esclusione, nell'educazione al linguaggio parlato e scritto, di qualsiasi uso dei segni. Essi puntano da una parte  sull'allenamento acustico, per aiutare il sordo ad utilizzare al massimo i suoi residui uditivi, dall'altra sul potenziamento della lettura labiale su cui si basa la comunicazione.
Un'altra caratteristica dei metodi oralisti è il privilegiare nell'educazione alla lingua parlata e scritta l'aspetto della produzione piuttosto che quello della comprensione, che è invece preponderante soprattutto nelle prime fasi dell'acquisizione spontanea del linguaggio nel bambino udente.
Tra i massimi esponenti dell'oralismo italiano si trovano Massimo Del Bo e Adriana Cippone De Filippis, che nel loro libro "La sordità infantile grave" focalizzano l'intervento logopedico in alcuni punti essenziali, quali :

  • La diagnosi precoce
  • l'esatta valutazione del deficit
  • l'immediata protesizzazione
  • la collaborazione della famiglia nell'intervento logopedico
  • l'integrazione nelle scuole normali
Tutti questi aspetti della metodologia oralista sono comuni anche ai metodi misti , cioè a quei metodi che utilizzano i segni nella terapia e che hanno anch'essi come obiettivo l'insegnamento della lingua vocale al bambino sordo. La grande differenza tra i due metodi non risiede solo nell'uso segni, ma anche nell'approccio verso la famiglia e nella scelta di quali ambiti del linguaggio privilegiare (comprensione vs produzione) I genitori hanno sempre un ruolo fondamentale nell'educazione al linguaggio del bambino sordo, ma nel caso dei metodi oralisti questo compito viene affidato in modo eccessivo alla famiglia e soprattutto alla madre, il cui coinvolgimento può portare ad una confusione dei ruoli (madre e  insegnante-logopedista) con pesanti conseguenze psicologiche.

lunedì 17 giugno 2013

Educazione : La scelta del metodo

Buongiorno a tutti, scusatemi se in questi non mi sono fatta sentire, ma ho avuto dei piccoli problemi; ad ogni modo ora eccomi di nuovo qui con voi. L argomento di oggi è la scelta del metodo orale.
La scelta tra metodo orale e segnico ha creato controversie e diatribe sin dal 1700 ed è continuata per tutto il secolo successivo. In Italia la decisione presa dal Congresso Internazionale di Milano, svoltosi nel 1880, ha determinato le attività scolastiche future, preferendo il metodo orale. Oggi si cerca un punto di incontro tra le due metodologie e si parla di bilinguismo. Un'acquisizione precoce della lingua dei segni, offre al sordo la possibilità di crearsi una competenza linguistica in maniera naturale e spontanea. D'altra parte , lo sfruttamento del residuo uditivo, l'apprendimento della lingua vocale e una buona lettura labiale, sono indispensabili per facilitare alla persona sorda gli scambi con la società udente e garantire una reale integrazione. L'acquisizione dei segni può diventare uno strumento importante per un apprendimento più corretto e funzionale della lingua parlata e scritta, per una sua migliore comprensione e produzione. La conoscenza e l'uso di una lingua, può avere una ricaduta positiva nell'altra, mentre conoscerne una sola delle due non è sufficiente.
(L.Trisciuzzi,M.Galanti,2001)

venerdì 7 giugno 2013

La magia della LIS

Buona sera e tutti, oggi stavo stavo cercando qualche articolo interessante sulla L.I.S. e ho trovato qualcosa di interessante su una rivista del "parole & segni" del 2003. Vi riporto l'articolo.
In classe si "parla"con i segni e l'handicap di Mario Sparisce
I ragazzi del Kandinsky imparano il linguaggio dei sordomuti.
Alle 11 della mattina i ragazzi lasciano banchi, libri, penne. Dimenticano per un'ora la voce e scoprono che si può comunicare in un altro modo. Con le mani, con gli occhi, in silenzio. Una lezione speciale all'istituto professionale Kandinsky dove si impara il linguaggio dei segni, e tutti sono uguali. Dove l'handicap sparisce, dove Mario quel quindicenne sordomuto che fino all'anno scorso era chiuso nel suo mondo, riesce a coinvolgere la classe, gli insegnanti e tutta una scuola in un progetto che, a detta di molti, era pura follia.
Il progetto del corso di L.I.S. è nato dall'educatrice di Mario, racconta l'energica preside che da Settembre è a capo dell'istituto e che ha deciso che "quì si cambia" per migliorare il rapporto tra i ragazzi. Detto, fatto. E in pochi mesi Mario, che lo scorso anno aveva problemi comportamentali e non riusciva a seguire le lezioni, a recuperato e adesso studia lo stesso programma dei compagni anche se un pò semplificato, spiega l'insegnante di italiano. anche l'insegnante di sostegno di Mario e qualche altro docente hanno deciso di seguire il corso di L.I.
S. Tutti a lezione, dunque. Si parte "io mi chiamo ...." , e una, due dita sfiorano veloce la bocca. "Io sono uno studente" e si stringe il pugno come a voler cogliere l'insegnamento. i ragazzi guardano rapiti gli agili movimenti dell'insegnante e di Mario, cercano da lui suggerimenti, gli sorridono, perchè finalmente lo capiscono.L'ora corre in fretta Mario impugna le matite e per ogni colore mostra un segno. Alla fine tutti spostano la matite dal mento verso l'esterno, il "grazie" di chi non conosce la parola. Quindi si torna a lezione, quelle tradizionali. Ma Mario continua il suo percorso di formazione con i compagni. La Preside controlla i corridoi, da un'occhiata al cortile, sospira pensando che dovrà far pulire i graffiti sul balcone del palazzone a fianco, ma guarda con orgoglio i murales dei suoi studenti! "quelli sul muro della scuola li ho autorizzati io. Sono belli e tengono i ragazzi lontano dai guai.

sabato 1 giugno 2013

L'handicap che non si vede

Buon sabato pomeriggio a tutti, ne approfitto di questo tempo uggioso in questa primavera atipica per scrivere un post che ritengo molto interessante.
L'handicap causato dalla sordità risulta "nascosto", invisibile ad uno sguardo superficiale e difficile, inoltre, da mettere a fuoco in tutti i suoi aspetti.
La sordità non "si vede": è riconoscibile solo al momento di comunicare. così le persone sorde non sempre ricevono da parte degli udenti tutte quelle attenzioni e quella disponibilità necessarie.
A scuola i coetanei udenti del ragazzo sordo spesso giudicano male alcuni suoi atteggiamenti di chiusura o irritabilità, senza tener conto che non è la sordità di per se a rendere i sordi diffidenti, aggressivi, irritabili e polemici, quanto lo scontro quotidiano con le barriere che impediscono la comunicazione. L'impossibilità di instaurare con gli altri una relazione significativa espone dunque la persona sorda a una seri di frustrazioni, spesso all'origine di atteggiamenti aggressivi che sono, in effetti, più frequenti nei sordi che negli udenti. Ma, anche qui non bisogna lasciarsi ingannare dalle apparenze. I comportamenti aggressivi sono infatti, risposte comuni sia i sordi che agli udenti:questi ultimi però possiedono una padronanza linguistica che consente loro di convogliare l' emotività in parola, spesso dure e taglienti, e di difendersi attraverso l'ironia e il sarcasmo.
I sordi, invece, per la difficoltà di servizi del linguaggio verbale sopratutto nelle situazioni di maggior coinvolgimento emotivo, ricorrono spesso al linguaggio del corpo, un linguaggio di azione in cui scaricano direttamente le frustrazioni. Questo tipo di comportamento viene però giudicato eccessivo e sanzionato con maggior rigore rispetto a quello degli udenti. Un' altra conseguenza della sordità come "handicap nascosto" è il distacco che spesso gli udenti manifestano quando hanno a che fare con le persone sorde. tra le ragioni di questo comportamento c'è forse anche il senso di impotenza provato dall'udente di fronte alle difficoltà di comunicazione con la persona sorda, impotenza che provoca una reazione di graduale indifferenza emotiva. questo può avvenire anche se gli udenti sono i genitori di un bambino sordo. infatti i genitori che adottano il linguaggio verbale come unica modalità di comunicazione con il proprio foglio sordo rischiano di sperimentare dopo i primi anni di vita del bambino, un senso di profonda frustrazione per questo rapporto incompleto.
http://www.ens.it//documenti/conoscere_sordità/comunicazione/pregiudizi.htm